Gattò di patate al formaggio |
Il gattò deriva il suo nome dal francese gateau, e da quel miscuglio di cucina francese importata in Sicilia dai monsù, cuochi francesi a servizio della nobiltà, i quali sapevano bene che un piatto è eccellente se si prepara con i prodotti della propria terra, i gattò e la brioscia ripiena di besciamella, piselli e rigaglie di pollo sono il risultato della capacatità trasformare la cucina senza tradire il gusto locale. Questa capacità dei monsù è ben descritta nel celebre romanzo il Gattopardo nell'occasione del pranzo a Donnafugata (alla fine del post è riportato il passo). Il gattò viene preparato con le patate, ma anche con il riso in questo caso è la trasposizione al forno delle arancine. Il gattò, nelle due versioni, è una ricetta ottima per "fare fuori" gli avanzi del frigo, dentro ci potete mettere tutto...o quasi. Il gattò di patate al formaggio, è un piatto ricco che servito con contorno di verdure è un eccellente piatto unico.
Gattò di patate al formaggio |
Gattò di patate al formaggio (da 2 a 4
persone)
400 gr di patate - 50 gr di grana padano
grattugiato - 50 gr di pecorino semistagionato - 100 gr di mozzarella
o scamorza o provola fresca - 1 uovo - prezzemolo - pangrattato - 300
ml di latte - 1 cucchiaio di farina - 1 pezzetto di cipolla - 1
spicchio d'aglio - prezzemolo - olio extravergine d'oliva - sale -
pepe bianco - noce moscata.
Lessare le patate e farle raffreddare un
po' per sbucciarle e poi schiacciarle con il passapatate. Preparare
una salsa con 2 cucchiai di olio, a cui si aggiunge a freddo prima la
farina rimescolando e poi lentamente il latte, sempre mescolando per
evitare che si formino grumi. Aggiungere uno spicchio d'aglio, un
pezzetto di cipolla ed un pizzico di sale, mettere a cuocere e
rimestare fino a che la salsa non si addensa. Eliminare l'aglio e la
cipolla. Se si vuole un sapore più intenso aglio e cipolla si possono schiacciare con lo spemiaglio. Aggiungere alla salsa il grana grattugiato, un po' di pepe
bianco e noce moscata. Aggiungere alle patate schiacciate l'uovo, il
pecorino grattuggiato, il prezzemolo un pizzico di sale ed un
cucchiaio di olio. Lavorare bene il tutto con un cucchiao di legno o
meglio a mano. L'impasto va lavorato bene per non risultare
granuloso. Ungere una teglia e cospargerla di pangrattato,
distribuire poco più della metà dell'impasto sul fondo della teglia
e nei bordi. Distribuire la salsa sull'impasto e ricoprirla di un
formaggio filante tipo mozzarella, scamorza, provola fresca. Coprire
con il restante impasto livellandolo con le mani appena inumidite.
Ungere la superficie del gattò con un paio di cucchiai di olio e
spolverare con pangrattato. Fare cuocere 30-40 minuti a 190°C. Fare
riposare a forno spento per 10 minuti prima di servire.
Gattò di patate al formaggio con verdure grigliate |
Se è accompagnato da verdure è un ottimo piatto unico.
Nota alla ricetta
Non è necessario aggiungere l'uovo alle patate, ma in questo caso aggiungere un paio di cucchiai di olio per dare morbidezza. Nel ripieno si possono mettere anche salumi, ma non sono necessari anzi io li trovo eccessivi, a meno che non si debbano consumare avanzi, in questo caso io preferisco tritarli ed aggiungerli alla salsa di formaggio (che poi è una besciamella!). La salsa al formaggio si può sostituire con un ragù, in questo caso non aggiungere i formaggi a pasta filata, ma solo una spolverata di grana. Gli eccessi non si addicono alla buona cucina che è fatta di mescolanze equilibrate che non devono predominare, ma fondersi lasciando la possibilità di distinguere i sapori degli elementi. La buona cucina è fatta di prodotti di grande qualità. Comprate da produttori locali, meglio se direttamente, non è difficile trovare al mercato i contadini con la loro merce. Se acquistate al supermercato controllate sempre la provenienza di prodotti, soprattutto nei grandi supermercati rischiate di mettere nel carrello patate francesi, latte e formaggi tedeschi, aglio spagnolo, cipolle olandesi, olio di oliva greco.
Da "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa - Pranzo a Donnafugata - Il timballo di maccheroni ha la vittoria sul potage, grazie a Monsù Gaston cuoco di casa Salina.
- Il Principe era troppo sperimentato per offrire a
degli invitati siciliani, in un paese dell’interno, un pranzo che
si iniziasse con un potage, e infrangeva
tanto più facilmente le regole dell’alta cucina in quanto ciò
corrispondeva ai propri gusti. Ma le informazioni sulla barbarica
usanza forestiera di servire una brodaglia come primo piatto erano
giunte con troppa insistenza ai maggiorenti di Donnafugata perché un
residuo timore non palpitasse in loro all’inizio di ognuno di quei
pranzi solenni. Perciò quando tre servitori in verde, oro e cipria
entrarono recando ciascuno uno smisurato piatto d’argento che
conteneva un torreggiante timballo di
maccheroni, soltanto quattro su venti invitati si
astennero dal manifestare una lieta sorpresa: il Principe e la
Principessa perché se l’aspettavano, Angelica per affettazione e
Concetta per mancanza di appetito. Tutti gli altri (Tancredi
compreso, rincresce dirlo) manifestarono il loro sollievo in modi
diversi, che andavano dai flautati grugniti estatici del notaio allo
strilletto acuto di Francesco Paolo. Lo sguardo circolare minaccioso
del padrone di casa troncò del resto subito queste manifestazioni
indecorose. Buone creanze a parte, però, l’aspetto di quei
monumentali pasticci era ben degno di evocare fremiti di ammirazione.
L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di
cannella che ne emanava, non erano che il preludio della sensazione
di delizia
che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la
crosta; ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano
poi i fegatini
di pollo,
gli ovetti
duri,
le sfilettature
di prosciutto,
di
pollo
e di tartufi
nella
massa untuosa, caldissima dei maccheroncini
corti,
cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio. -
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